company law
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03 March 2017

Se l’aumento di capitale è riservato a terzi, non si può escludere il diritto di recesso di chi non è d’accordo

Spesso il management di una s.r.l. che si accinge a raccogliere risorse mediante un aumento di capitale riservato a terzi investitori chiede al professionista se l’attribuzione del diritto di recesso ai soci che non hanno acconsentito alla decisione sia inderogabile. La risposta è sì.
La possibilità di prevedere nello statuto la facoltà di deliberare aumenti di capitale con esclusione del diritto di sottoscrizione dei soci permette alle s.r.l. di pianificare le proprie strategie di investimento senza dovere tenere conto di eventuali dissensi all’interno della compagine sociale.
C’è però un contrappeso a questa facoltà, e cioè il diritto dei soci dissenzienti, assenti o astenuti a realizzare il valore della propria partecipazione nel caso in cui la stessa venga diluita e, quindi, vengano alterate le condizioni iniziali di investimento.
Si è dibattuto sulla inderogabilità o meno del diritto di recesso in questa particolare ipotesi e c’è stato anche chi, fuori dal coro, si è espresso a favore della derogabilità, ma l’opinione prevalente è sempre stata di diverso avviso. Anche la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 158 del 17 maggio 2016, ha considerato irrinunciabile il diritto di recesso di cui all’articolo 2481-bis c.c..
La possibilità di riservare aumenti di capitale a terzi è particolarmente appetibile per le start up innovative, che generalmente adottano strategie di investimento molto dinamiche. Tra le deroghe al diritto societario previste per questo tipo di società non c’è però la possibilità di escludere il diritto di recesso in sede di aumento di capitale. La tutela di chi non è d’accordo è quindi inderogabile anche per le s.r.l. start up.